Siddhantha, Advaita e Yoga – Parte 7

Intervista di Marshall Govindan (Satchidananda) 
Copyright Marshall Govindan © 2014

Domanda: Perché un Siddha non si considera speciale e quindi parla poco di sé e della sua vita?

Il Siddha Patanjali sostiene che fino a quando le vecchie abitudini di identificazione con il corpo e la mente non sono completamente sradicate, con il ritorno continuo alla fonte della coscienza, l’ego è ancora in grado di illudere anche il santo o il Siddha. Possono per esempio, usare i loro poteri per attirare l’attenzione pubblica. Ma una volta che la resa completa avviene anche a livello fisico, l’ego è bandito per sempre. Il santo o Siddha è letteralmente “niente di speciale”, perché si identifica solo con cio’ che permea ogni cosa: la pura coscienza. Attraverso i secoli alcuni Siddha hanno raggiunto questo stato e non hanno posto nessuna enfasi sulla loro persona, i loro poteri, la loro biografia, o la loro attività- perché tutto questo non era “loro”, non gli apparteneva. Questi esseri illuminati sono stati strumenti della forza e della luce divina e ogni azione e non-azione che si muoveva attraverso di loro era dovuta a tale potere Divino. Non è dunque un caso se conosciamo così poco sui Siddha o i particolari della loro vita, ma sappiamo dei loro insegnamenti di saggezza. E’ la saggezza che hanno raggiunto, che ci hanno lasciato. E’ questa consapevolezza, questa sapienza, questa esperienza della Realtà ultima che essi consideravano di estrema importanza, perché mostra la via del ritorno al “Regno dei Cieli”. Enfatizzando la figura dell’insegnante sopra l’insegnamento stesso, si formano religioni come il cristianesimo e il buddismo. Buddha non era un buddista. Gesù non era cristiano. Gli insegnamenti di Gesù, le sue parabole, sono stati sostituiti da una religione intorno alla sua persona, nonostante il fatto che la storia non fornisca dettagli storici su di lui o sulla sua vita. Buddha, che era un indù, ha cercato di sostituire il ritualismo con gli insegnamenti su come evitare la sofferenza.

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Il Siddha può rimanere nello stesso corpo fisico per un periodo di tempo indefinito, o anche trasmigrare in un altro corpo o smaterializzarsi, o ascendere in cielo come Gesù, o essere visibile in più di un corpo allo stesso tempo, in due punti distinti (ubiquità). C’è l’esempio ben documentato di Ramalinga Swamigal, alla fine del XIX secolo, il cui corpo non proiettava ombra sotto il sole e non poteva essere ferito, o fotografato, nonostante ripetuti tentativi di posa davanti a un gruppo di fotografi esperti, e il cui corpo è scomparso dalla terra, drammaticamente, in un lampo di luce violetta. Da allora, Ramalinga Swamigal è riapparso in varie occasioni per assistere devoti bisognosi. Bambini e devoti nell’India del sud continuano ancora oggi a cantare molte delle oltre quarantamila poesie e canzoni che ha scritto, esaltando il percorso della “luce della suprema grazia.” Abbiamo anche l’esempio di Kriya Babaji, descritto nell’Autobiografia di uno Yogi e The Voice of Babaji: una trilogia di Kriya Yoga e quella del Siddha Agastyar, Boganathar e Sri Aurobindo, che hanno lasciato resoconti dettagliati del proprio processo di resa a livello del corpo fisico e varie forme di immortalità. Come afferma Mircea Eliade: i Siddha sono quelli “che hanno compreso la liberazione come conquista dell’immortalità.”

Ramalinga Swamigal a Vadalur, Tamil Nadu” (per concessione di M. Govindan)

Domanda: Qual è il significato dei poteri miracolosi di siddhi e yogi?

I “siddhi” sono descritti in maniera particolareggiata nel terzo capitolo della Yoga-sutra di Patanjali. Essi sono il risultato di samyama, o la comunione, definita da lui come una combinazione di concentrazione, meditazione e assorbimento cognitivo (samadhi). Come ogni cosa, se diventano un mezzo per soddisfare un attaccamento egoistico, essi possono diventare un ostacolo. Tuttavia, se visti dalla prospettiva di Siddhanta, sono sottoprodotti di un processo dipage21image3695344112

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divinizzazione della natura umana, in cui la natura inferiore guidata dall’ego è sostituita dall’arrendersi ad una natura superiore, guidata dal Sé superiore e segreto, Ishvara o Purushottama. Questo processo è stato descritto in dettaglio negli scritti dei “Diciotto Siddha” e di Sri Aurobindo e la Madre.

Gli scritti dei “Diciotto Tamil Yoga Siddha”, in particolare quelli del Siddhar Boganathar e Tirumular, forniscono un ricco e ispirato racconto in prima persona di questo processo. Descrivono inoltre i metodi di Kundalini Yoga, in particolare legati al respiro, per potenziare e accelerare questo processo.

Questo processo è stato anche descritto in modo molto particolareggiato da Sri Aurobindo in “Yoga Integrale”. Tuttavia, egli lo ha immaginato come un mezzo per accelerare l’evoluzione dell’umanità nel suo insieme, una volta che il “sopramentale” fosse sceso in un numero sufficiente di praticanti avanzati di Yoga Integrale. Ha riassunto lo Yoga in tre parole: “aspirazione, rifiuto e resa.”

Domanda: Che relazione c’ è tra il Kriya Yoga di Babaji e Siddhantha?

Risposta: Il Kriya Yoga di Babaji è un distillato dei Siddhantha. Il suo percorso a cinque vie unisce la cultura del distacco e della meditazione dello Yoga classico, come descritto in Yoga Sutra di Patanjali, con il Kundalini Yoga dei Siddha. Questo percorso a cinque vie comprende:

Kriya Hatha Yoga: include “asana”, posture fisiche di relax, “bandahs,” blocchi muscolari, e “mudra”, gesti psico-fisici, che determinano una maggiore salute, la pace e il risveglio dei canali energetici principali, “nadi”, e centri, i “chakra”. Babaji ha selezionato una serie particolarmente efficace di 18 posizioni, che vengono insegnate a tappe e in coppia. Si occupa del corpo fisico non fine a se stesso, ma come veicolo o tempio del Divino.

Kriya Kundalini Pranayama: Pranayama: è una potente tecnica di respirazione che serve a risvegliare la propria energia e la coscienza e farle circolare attraverso i sette chakra principali tra la base della spina dorsale e la parte superiore della testa. Risveglia le facoltà latenti associate ai sette chakra e attiva tutti i cinque piani dell’esistenza.

Kriya Dhyana Yoga: è una serie progressiva di tecniche di meditazione per imparare l’arte del controllo della mente, pulire il subconscio, sviluppare la concentrazione, lucidità mentale e la visione, per risvegliare le facoltà intellettuali, intuitive e creative, e per realizzare la comunione con Dio, “Samadhi” e la realizzazione del Sè.

Kriya Mantra Yoga: la ripetizione mentale silenziosa di suoni sottili per risvegliare l’intuizione, l’intelletto e i chakra; il mantra diventa un sostituto del chiacchiericcio mentale incentrato sull’Io

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e facilita l’accumulo di grandi quantità di energia. Il mantra purifica anche tendenze inconsce abituali.

Kriya Bhakti Yoga: coltivare l’aspirazione dell’anima per il Divino. Esso comprende attività devozionali e servizio per risvegliare l’amore incondizionato e la felicità spirituale nel corpo spirituale; può includere canti e inni. A poco a poco, tutte le attività diventano piene di dolcezza, in quanto il Divino, l’ “Amato” è percepito in ogni cosa.