Intervista di Marshall Govindan (Satchidananda)
Copyright Marshall Govindan © 2014
Domanda: Qual è la concezione di Dio dei Siddha?
Risposta: Si riferivano a Dio come “Sivam”, senza alcuna limitazione o attributo. Sivam è grammaticalmente e filosoficamente una concezione impersonale. Come dicono i Siddha, il nome ideale per Sivam è ‘Esso’, adu, ‘, Tale, o Parāparam; “Bontà-Bene,” Essere Coscienza Assoluta e Beatitudine: sat chid ananda. Śivam non è un Dio personalizzato. Si tratta di una pratica, una via. Si tratta di una coscienza o consapevolezza. Questo raggiungimento di consapevolezza o di coscienza di Śiva è detto mukti o liberazione. Anche se Tirumular parlava dell’aspetto religioso di Dio, credeva in una suprema astrazione, una “Grande Solitudine”. La sua espressione per questo concetto è Tani-uṛṛa– Kevalam (Mandiram 2450). Uno studio più approfondito del concetto di Sivam rivela che ci sono due canali del pensiero indiano, uno teistico con un rapporto personale o devozionale con Dio, basato sul metodo bhakti, e l’altro tantrico, cioè, assolutista, sulla base di Kundalini Yoga e jñāna. Il metodo bhakti è pluralistico e si riconosce nella scuola Shaiva Siddhānta; il metodo assolutistico è quello monistico, che si riconosce nel Tirumantiram.
Le loro poesie fanno riferimento alle cinque azioni cosmiche di Sivam come la sua danza beata, tutta la sua Sakti, o il potere, a causa del suo amore per le anime. Ecco le cinque azioni cosmiche:
- Creazione: del mondo per fornire alle anime i mezzi per crescere in sapienza e realizzare infine la loro unità nella diversità;
- Conservazione: quando le anime restano impigliate in ignoranza, illusione e karma, sono protette e sostenute da vari mezzi e relazioni, per la loro edificazione;
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- Dissoluzione: quando le anime abbandonano l’incarnazione in questo mondo, ottengono una tregua temporanea dalla loro sofferenza, durante la quale si preparano per la successiva reincarnazione;
- Oscuramento: il potere che oscura l’Unità dell’anima con Sivam, e che di fatto obbliga le anime a cercare la saggezza, la verità oltre il velo mentale, maya;
- Grazia: la rimozione delle tre catene dell’anima: ignoranza, illusione e karma. In realtà la grazia e l’amore di Sivam per tutte le anime si trova in tutte e cinque le azioni cosmiche e aiuta ogni anima a crescere in quella maturità che porta alla liberazione ultima.
Attraverso cicli cosmici di involuzione ed evoluzione questa danza va avanti attraverso eoni di tempo. Il suo scopo ultimo rimane un mistero fino a quando l’anima è liberata e si ricongiunge con il Sé segreto, Sivam.
Domanda: Qual è l’obiettivo del Siddhantha ?
Risposta: Secondo i Siddha Tamil, le anime illuminate, il fine ultimo della vita è “la resa, la liberazione totale”, che prevede la realizzazione del vettivel, “vasto spazio luminoso,” coscienza cosmica, e quindi una progressiva trasformazione della nostra natura umana a tutti i livelli in un corpo divino, o Divya deha.
I Tamil Siddha invocavano lo sforzo dell’individuo per il raggiungimento della liberazione e della Grazia Divina. Questo sforzo è rappresentato dal triangolo rivolto verso l’alto; la grazia è rappresentata dal triangolo che punta verso il basso. La loro combinazione, il triangolo a doppia intersezione, costituisce la base della loro yantra più importante, un oggetto geometrico di concentrazione e l’integrazione dei livelli spirituali e materiali dell’esistenza. I Siddha insistono sul valore dello Yoga Tantrico come mezzo per raggiungere libertà e immortalità in questo mondo piuttosto che in qualche aldilà celeste. La liberazione, moksa, o Vidu (in tamil) è uno stato mistico denominato da Thirumoolar “ Yoga- samādhi “.
All’interno dello Yoga Samadhi è lo spazio infinito;
All’interno dello Yoga Samadhi è la luce infinita;
All’interno dello Yoga Samadhi è l’onnipotente energia
Yoga Samadhi è ciò che i Siddha amano profondamente. (Mandiram 1490)
Non è libertà o liberazione dal ciclo di reincarnazione, ma libertà o liberazione dai mali, dalle catene dell’animo umano che lo legano come i tre fili di una corda e limitano le sue qualità intrinseche di sat chit ananda. Queste tre catene sono:
1. Anava: Ignoranza della propria vera identità e conseguente egoismo; 10
- Karma: le conseguenze di azioni, parole e pensieri passati;
- Maya: le illusioni e le loro cause: conoscenza e potere parziale, desideri, tempo edestino.
E’ anche la libertà dai guna, i modi e gli elementi della natura:
- Rajas: il principio del dinamismo, che è stimolante, mobile, attivo, energico;
- Tamas: il principio dell’inerzia, che è pesante, pigro, faticoso, incerto, confuso;
- Sattva: il principio di equilibrio e lucidità, che è calmo, illuminante, saggio, come la conoscenza.
Domanda: Come ci si affranca dalle catene dell’anima e dalle influenze della natura secondo il Siddhantha?
I Siddha prescrivevano un’azione diretta per purificarsi dai difetti, per liberarsi dalle catene. Questa azione comprende tutti gli elementi del Kundalini Yoga, con la massima attenzione sugli esercizi di respirazione, i mantra e l’apertura dei centri psico-energetici, i chakra, così come lo Yoga classico, con la sua enfasi sul coltivare il distacco, “lasciar andare” attaccamenti e avversioni, noto come lo yoga degli otto rami: restrizioni nel comportamento sociale, auto- disciplina, pratica di asana e pranayama, controllo dei sensi, esercizi di concentrazione, meditazione e samadhi, o assorbimento cognitivo. Il Kundalini Yoga si basa sul riconoscimento che la coscienza segue l’energia e l’energia segue la coscienza. Controllando l’una, è possibile controllare l’altra. Così, per esempio, se la mente è così confusa o in ansia da non permettere la meditazione, si devono prima praticare le posizioni yoga e gli esercizi di respirazione per calmare e controllare la mente. Lasciando andare desideri e paure, si rimuovono anche i blocchi energetici nelle nadi (canali energetici) e dei chakra (centri psico-energetici). Meditare indebolisce l’egoismo e i desideri e le paure che lo accompagnano, così come indebolisce karma e illusione. Ma questi possono essere sradicati completamente solo tornando ripetutamente all’origine, ovvero allo stato di coscienza conosciuto come samadhi, in cui si realizza l’identità con ciò che è al di là di nomi e forme. Anche il karma yoga è utile come mezzo per superare l’egoismo e annullare le conseguenze delle azioni passate (il karma).
La natura umana è sempre soggetta all’influenza dei tre guna, inerzia tamasica e passioni rajasiche minacciano costantemente la personalità sattvica. Anche la mente di un uomo saggio può essere trasportata dai sensi e dalle samskara o abitudini ad essi associate. La sicurezza perfetta si può solo trovare attraverso il raggiungimento di uno stato superiore di qualità sattviche di calma e comprensione: nel Sé spirituale, che è oltre la natura nelle sue tre modalità.
A differenza delle personalità tamasiche e rajasiche la cui libertà è caratterizzata da indifferenza e isolamento solitario dagli altri, la persona spiritualmente realizzata nel Sé trova il Divino non solo in se stesso, ma in tutti gli esseri viventi. La sua equidistanza integra conoscenza, azione e amore con le vie yogiche di Jnana, karma e bhakti. Avendo realizzato la sua unità con
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tutto e tutti nella dimensione spirituale, la sua equidistanza è piena di empatia. Egli vede tutto come se stesso e non è interessato solo alla sua personale salvezza. Egli prende su di sé anche la sofferenza degli altri e si adopera per la loro liberazione, senza essere tuttavia soggetto alla loro sofferenza. Volendo condividere la loro gioia con tutti, queste anime liberate incarnano l’insegnamento Siddha di aarupadai, che mostra il percorso agli altri:” ciò che si deve fare e ciò che si deve evitare di fare. Il Siddha, o perfetto saggio, è sempre impegnato a fare del bene a tutte le creature e fa di questo la sua professione e la sua immensa gioia (Gita V.25). Il perfetto Yogi non è una persona solitaria dedita alla riflessione sul Sé in una torre d’avorio. Egli è un lavoratore universale per il bene del mondo, per Dio nel mondo. Perché un perfetto Yogi è un bhakta, un amante del Divino, che vede il Divino in ognuno di noi. Egli è anche un karma yogi perché le sue azioni non lo portano lontano dalla beatitudine dell’unione suprema. Come tale egli vede che tutto proviene dall’Uno e tutte le sue azioni sono dirette verso l’Uno.