Siddhantha, Advaita e Yoga #8

Intervista di Marshall Govindan (Satchidananda) 
Copyright Marshall Govindan © 2014

Domanda: Il sentiero “a cinque vie” del Kriya Yoga di Babaji mi ricorda i vari Yoga consigliati da Sri Krishna nella Bhagavad Gita, secondo la propria natura o carattere essenziale (svabhava):

  1. Karma yoga per coloro che si sentono chiamati per natura (svabhava) a servire disinteressatamente attraverso le loro azioni;
  2. Bhakti yoga per coloro che si sentono chiamati per natura ad amare il Signore, o ad amare gli altri, o ad amare il Signore negli altri;
  3. Raja yoga per coloro che si sentono chiamati per natura a cercare la Verità, volgendosi verso l’interno in meditazione;
  4. Jnana yoga per coloro che si sentono chiamati per la natura della propria anima a cercare la Verità coltivaziondo la conoscenza del Sé e la saggezza;

Come si può decidere quale via è meglio per noi?

Risposta: Possiamo vedere che c’è una legge costante di variazione e che ogni individuo agisce non solo in base alle leggi comuni dello spirito umano, mente, volontà, vita, ma secondo la sua natura o carattere essenziale (svabhava), la legge del sé diventa la legge dell’Anima. La Natura fa in modo che ciascuno divenga quello che può diventare secondo le sue possibilità. Agiamo secondo ciò che siamo e con le azioni che facciamo, diventiamo ciò che siamo. Ogni uomo o donna svolge funzioni diverse o segue una propensione diversa secondo quanto dettato dalle circostanze, capacità, carattere, potere. La Gita sottolinea che “occorre osservare e seguire la propria natura, regola, funzione – anche se imperfetta, la propria è meglio di una regola ben eseguita di un’altra natura.” Ogni azione deve essere giustamente modulata, crescere dal di dentro, in armonia con la verità del proprio essere, piuttosto che mossa da qualche motivo esterno, come le aspettative sociali, o un impulso meccanico, per esempio, di paura o di desiderio. Conoscere la propria natura richiede approfondimento di sé e grande discernimento. Una volta identificata, si può decidere quale dei percorsi sarà meglio seguire per sfruttare il potenziale del proprio carattere essenziale, che porta alla realizzazione del Sé. Fino ad allora una certa pratica regolare di tutti i percorsi creerà l’equilibrio necessario per vedere chiaramente la propria svabhava. Fino ad allora, si può anche sentire un bisogno personale di seguire uno o più di questi percorsi yoga. Per esempio, se ci si sente fisicamente deboli, o nervosi, più asana e pranayama; se si sente la mancanza di amore nella propria vita, più bhakti yoga, che coltiva amore e devozione; se uno ha molti dubbi e si pone molte domande, più jnana yoga, lo studio della letteratura della saggezza e del ricordo.

23

Dopo la realizzazione del Sé, quando l’anima si è identificata con il Sé nascosto, Ishvara, essa diventa l’agente, lo strumento del divino, assumendo la sua più alta natura divina. E’ in grado di cambiare il suo funzionamento naturale in azione divina in ogni area della vita, sia che si tratti di servizi, affari, leadership, ricerca o arte.

La persona che ha realizzato il Sé spirituale diventa un “lavoratore Divino,” trova il Divino non solo in se stesso, ma in tutti gli esseri. La sua uguaglianza integra la conoscenza, l’azione e l’amore e le vie di yoga Jnana, karma, e bhakti prescritto nella Gita. Avendo realizzato la sua unità con tutti nella dimensione spirituale, la sua uguaglianza è piena di empatia. Lui o Lei vede tutto come se stesso e non è solo intento alla sua sola salvezza. Egli prende anche su di sé la sofferenza degli altri, e lavora per la loro liberazione, senza essere soggetto alla loro sofferenza. Volendo condividere la loro gioia con tutti, i lavoratori Divini incarnano l’insegnamento Siddha ‘di arrupadai “, mostrando il percorso di altri:” ciò che si deve fare e ciò che si deve evitare di fare. Il saggio perfetto, secondo la Gita è sempre impegnato con una grande uguaglianza a fare del bene a tutte le creature e fa di questo la sua occupazione e la sua delizia (Gita V.25). Il perfetto Yogi non è una persona solitaria che riflette sul Sé isolato in una torre d’avorio. Egli è un lavoratore multi-universale per il bene del mondo, per Dio nel mondo. Perché un perfetto Yogi è un bhakta, un amante del Divino, che vede il Divino in tutti. Egli è anche un karma yogi perché le sue azioni non lo allontanano dalla beatitudine dell’unione con Dio. Come tale egli vede che tutti proviene dall’Uno e tutte le sue azioni sono rivolte all’Uno.

Domanda: Perché le pratiche dei Siddha sono tenute segrete se sono così benefiche? Perché sono insegnate solo durante le iniziazioni?

Risposta: L’iniziazione è un atto sacro in cui a un individuo è data la sua prima esperienza di un mezzo per realizzare la verità. Ciò significa che è una kriya o “pratica yogica,” e la verità è un portale per l’eterno e infinito Uno. Poiché questa verità è al di là di nome e forma, non può essere comunicata attraverso parole o simboli. Ma può essere vissuta e per questo ha bisogno di un insegnante che possa condividere la propria esperienza della verità. La tecnica diventa un veicolo attraverso il quale l’insegnante condivide con l’allievo i mezzi per realizzare la verità in se stessi. Per questo motivo la maggior parte di queste pratiche, o kriya, non sono descritte in tutti i loro dettagli essenziali negli scritti dei Siddha. Esse sono riservate alla formazione personale da parte di un insegnante qualificato. Durante l’iniziazione c’è sempre un passaggio di energia e di coscienza dal maestro all’allievo, anche se quest’ultimo non ne è a conoscenza. Questo passaggio non può essere efficace se l’allievo è pieno di domande, dubbi o distrazioni. Quindi il maestro cerca di preparare l’allievo in anticipo e di controllare l’ambiente in modo che questi potenziali disturbi siano ridotti al minimo. Il maestro in effetti prende dentro di sé la coscienza dell’allievo e inizia ad espanderla al di là dei suoi abituali confini mentali e vitali. C’è una sorta di fusione dei normali confini mentali e vitali tra l’iniziatore e l’allievo, e questo facilita notevolmente il movimento della coscienza ad un piano superiore. Così facendo, l’iniziatore apre l’allievo all’esistenza della sua anima, o Sé superiore, che nella maggior parte delle persone rimane velata. Così elevando la coscienza dell’allievo, quest’ultimo inizia ad intravedere i primi squarci della sua potenziale coscienza e del suo potenziale potere. Questo è ciò che si intende con l’innalzamento della kundalini del discepolo. Spesso questo non avviene in modo

24

drammatico in una sessione iniziale, ma piuttosto gradualmente in un periodo di tempo che dipende dalla diligenza dello studente nel mettere in pratica ciò che ha appreso. Per un’iniziazione efficace sono essenziali due cose: la preparazione dell’allievo o discepolo e la presenza di un iniziatore che abbia realizzato il suo Sé. La maggior parte dei ricercatori spirituali sottolineano quest’ultimo aspetto e cercano un guru perfetto, ma pochi si occupano della loro preparazione. Forse è un difetto della natura umana cercare qualcuno che “faccia una cosa al nostro posto.” Cioè ci dia la realizzazione del Sé o di Dio. Il maestro o il guru può indicarvi la direzione giusta, ma è il ricercatore stesso che deve impegnarsi a seguire quella direzione. Nonostante il ricercatore sia intellettualmente impegnato, troppo spesso la natura umana lo fa vacillare con la distrazione, il dubbio o il desiderio. Quindi, anche se si trova il maestro perfetto, se non si sono coltivate qualità come la fede, la perseveranza, la sincerità e la pazienza, l’iniziazione può rivelarsi inutile e sterile come seminare su un marciapiede di cemento. Per questo motivo l’iniziazione era tradizionalmente limitata a coloro che si erano preparati in anticipo, a volte per anni. Le prime iniziazioni potevano essere messe a disposizione di un maggior numero di aspiranti qualificati, ma solo chi aveva coltivato le qualità di un discepolo, come sopra descritte, poteva accedere a livelli superiori.

Vi è un trasferimento sacro di coscienza ed energia tra l’iniziatore e il discepolo che abbraccia queste tecniche. Ecco perché le tradizioni iniziatiche sono riuscite a tramandare in modo efficace l’esperienza diretta della verità da una generazione alla succcessiva. La loro forza sta nella consapevolezza di coloro che hanno praticato intensamente e trovato così la loro verità. L’insegnante resta una fonte di ispirazione e una guida per lo studente. Per tutti questi motivi, le tecniche sono mantenute segrete e riservate al solo contesto di iniziazione personale da parte di un insegnante qualificato.